Il disarmo del coltello

09.02.2014 13:24

Spesso capita che nelle palestre di arti marziali arriva un giorno in cui l'istruttore dice "bene, vediamo come disarmare una persona con un coltello", illustrando qualche tecnica che viene allenata superficialmente e con molta collaborazione tra aggressore e aggredito.  Ciò provoca la reazione di altre scuole di pensiero che vedono in quelle tecniche un'inefficacia tale da essere addirittura controproducente per il praticante, il quale pensa di saper davvero difendersi da un'aggressione con coltello quando invece, dicono giustamente, nella realtà l'impeto e la "professionalità" dell'attacco non lascerebbero spazio a leve, prese, disarmi e quant'altro.  A parer mio, in questa contrapposizione di giudizio, va riconosciuta prima di tutto la variabilità del fenomeno "aggressione armata con coltello", dacché non esiste un unico e universale tipo di aggressione di questo tipo, nè unici ed universali mezzi per contrastarlo. Ho individuato a questo proposito tre fondamentali tipi di aggressore, contro ciascuno dei quali la difesa può essere inefficace, efficace o comunque avere differenze sostanziali al suo interno.

 

CASO 1)  L'attacco di coltello di un assalitore esperto e determinato a uccidere:

   

Una nozione fondamentale è che un assalitore esperto e realmente determinato ad uccidere con un coltello, non lo tira fuori finché non è abbastanza vicino al bersaglio, e se vuole davvero colpire colpisce. In questo caso difendersi è pressocché impossibile. Ma in quali casi si potrebbe venire attaccati da un assalitore del genere, senza che si faccia parte di organizzazioni criminali o delle forze dell'ordine che le combattono?  Banalmente, se ci si ficca in guai particolarmente seri, o meglio che coinvolgano persone pericolose quanto suscettibili: un marito criminale geloso, un ex marine matto tamponato, un maestro di arti marziali filippine a cui gli è stata violentata la moglie. Della serie: se non le si vanno a cercare, non sono fortunatamente molte le possibilità di incorrere in questo tipo di assalitori. E caso mai si faccia parte di una realtà assai difficile, il trasloco in parti più tranquille, volesse dir questo anche, chessò, andare ad abitare in una casa più piccola, sarebbe a mio parere la prevenzione più efficace che si possa fare, in uno "Stato" in cui spesso la lotta alla criminalità è un optional. Sensibilizzazioni, giuste scelte politiche, informazione e così via, vanno certamente a dare una mano in questo senso, ma in questo articolo la mia intenzione è semplicemente quella di analizzare, nel nostro territorio, il fenomeno delle aggressioni con un coltello, molto discusso in qualunque corso di difesa personale, ma spesso purtroppo assai superficialmente. Ad un assalitore esperto e determinato ad uccidere, come se ne possono vedere negli esempi linkati, non ci sono tecniche di difesa a mano nuda che tengano: arriva e colpisce. La fortuna però appunto è che, se non si è criminali nè poliziotti, nè ce le si cerca in ambienti strani, questo tipo di incontri è raro che avvenga. L'obiettivo è infatti quello di uccidere, per assalitori simili, non derubare o altro, ed è raro che senza alcun motivo uno sconosciuto determinato e freddo, con coltello alla mano, venga da voi per il solo scopo di togliervi la vita.

 

CASO 2)  L'attacco di coltello di un assalitore inesperto e determinato a uccidere:

     

Questo tipo di attacco è a mio parere il più frequente: omicidi passionali, porcate antisemite, assalti disperati in gioiellerie, sono tutte situazioni in cui non c'è "professionalità" nel gesto, ma solo uno stato confusionale nella mente dell'aggressore che si nutre soprattutto di un'elemento fondamentale, nel bene e nel male: la paura.  Nel male perché in essa vi è un'impulsività disconnessa dal reale che porta ad eventi drammatici, e nel bene perché proprio questa paura, come è noto nelle arti marziali, rende l'attaccante meno attento, meno veloce, maggiormente prevedibile. Stiamo ancora parlando di situazioni in cui l'assalitore vuole ferire o uccidere, e per questo il tutto non può che svolgersi sul piano fisico. Quì entrano in gioco tutti i tipi di risposta all'aggressione con coltello che le varie arti marziali adottano, proprio perché è da questo punto in poi che si può sperare di concludere l'evento criminoso in maniera positiva applicando tecniche marziali.  Un assalitore esperto e freddo (raro), è pressocché impossibile da fermare, ma un assalitore inesperto e spaventato (molto più comune) potenzialmente può essere contrastato senza troppi sforzi, con maggiore o minore successo in base a tutte le variabili come l'ambiente circostante (un ascensore o una piazza), il proprio stato emotivo (se imperturbato e lucido, o a sua volta spaventato), e così via.  I movimenti dell'aggressore in questo caso si avvicinano molto a quelli stilizzati dei kata della scuola marziale, ma nonostante ciò un allenamento efficace è chiaramente quello in cui si arriva a simulare l'aggressione gradatamente sempre con maggior impeto, così da allenare il più accuratamente possibile i riflessi della difesa a fronte dell'imprevedibilità dell'attacco.   Questa seconda categoria, come mostrano i video, è quella in cui spesso si può vedere troncato l'atto criminoso anche senza che l'aggredito possegga esperienza nelle arti marziali, ma anche in cui la conoscenza di queste potrebbe far aumentare incredibilmente la percentuale di successo della difesa. 

 

CASO 3)  L'attacco di coltello di un assalitore inesperto e non determinato a uccidere:

   

Questo tipo di attacco è quello il cui l'obiettivo non è uccidere nè ferire, bensì derubare, tenere in ostaggio o, tra i casi peggiori, stuprare una donna sotto l'intimidazione della lama.  Nel primo caso inutile dire che, si tratti di una banca o di un portafogli con una 50€ al suo interno, fare gli eroi è assolutamente fuori luogo e rischiare la vita o la salute per cose materiali non ne vale veramente la pena.  Con le lame non si scherza mai qualunque sia la costituzione dell'aggressione, nonostante la maggior parte delle tecniche marziali parta proprio dalla minaccia, più che dall'attacco, della mano armata di coltello.  Ma nel secondo caso, quello che preveda ad esempio l'idea di stupro, le cose sono invece diverse, delicate, e l'azione va fermata dacché non si tratta più di cedere oggetti, ma il proprio corpo o il corpo della persona a noi vicina.  Ecco perché va conosciuta l'essenza della difesa personale, che non vuol dire necessariamente (o non solo) una serie di movimenti del corpo atti alla neutralizzazione dell'aggressione, ma anche e prima di tutto strategie psicologiche, linguistiche, che spianino la strada per una miglior difesa personale.  Ci si metta nel caso di una donna che viene fermata, intimata con una lama a stare in silenzio e messa a terra con intento di stupro.  Con un coltello alla gola, la prima cosa che si pensa è come allontanare da sé fisicamente l'arma, il ché è pericolosissimo perchè nel gioco di forza, l'aggressore trovandosi in una "situazione privilegiata", avrà sicuramente la meglio e per tanto si può anche venire seriamente feriti.  C'è bisogno di un altro metodo, molto più sottile, che è quello chiamato nel Ninpo Taijutsu "KyoJutsu", ovvero l'arte dell'inganno, utilizzata in questa sua variabile per secoli dalle Kunoichi nel Giappone feudale, ed anche a volte comparsa in vari film o sketch cinematografici sia seri che umoristici:  fin gere di accettare la situazione e restare al gioco utilizzando la propria femminilità, per poi subito dopo attaccare lo stupratore in un punto vitale quale può essere la zona inguinale o gli occhi (primi tra tutti), creandosi così una via di fuga.  Mai lo stupratore immaginerebbe di trovare dinanzi a se una donna intrigata dalla situazione, ciò lo disorienta e lo rende contento di potersi rilassare, magari sotto invito anche gettando via il coltello.  La donna lo sa, con i mezzi di seduzione può ottenere ciò che desidera, e in una situazione simile il recitare la parte della "rapita vogliosa" è a mio parere (ed anche a quello dei Ninja) il metodo più efficace per poter capovolgere la situazione e crearsi una via di fuga. Chiaramente serve poi un bagaglio tecnico-concettuale di movimento fisico come ne possono offrire diverse discipline, ma la prima parte, forse la più difficile, è anche la più importante.  Addirittura si potrebbe pensare che la coppia stessa di partner possa mettersi d'accordo sul cosa fare in una situazione di aggressione da parte di due rapinatori / stupratori armati di coltello, con una sorta di KyoJutsu di coppia:  piuttosto che urlare e dimenarsi, fare sorrisi di complicità dicendo che sono, chessò, attori pornografici un po' trasgressivi, facendo evolvere la situazione d'una maniera analoga a quella di prima.  Le strade dell'arte del disorientamento e dell'inganno sono infinite, si può riuscire non ad eliminare l'arma bensì a disorientare la mente che la manovra.   Ricordarsi sempre che lo spirito dell'autodifesa è la sopravvivenza, non compiacere se stessi, altri o capricci morali.

 

TECNICHE DI DISARMO

Ricapitolando, per l'attacco "professionale" di un esperto e freddo aggressore, non c'è tecnica che tenga (tranne che si sia grandi maestri di DianXue come ne esistevano un tempo, ma questa è un'altra storia;  o che si sia velocisti nella corsa), al più solo fortuna.  Per l'attacco "amatoriale" di un aggressore impaurito o furioso, ci sono tecniche che variano da scuola a scuola.  Per la minaccia con altri fini, c'è il KyoJutsu, unito alle tecniche.  Ora vediamo quindi per ogni disciplina quali sono le comuni tecniche di disarmo, utilizzabili (o forse no) nel 2° e nel 3° caso.

Appr occio del Ninjutsu Budo Taijutsu:  esempio1  esempio2   

Approccio del Gracie JiuJitsu (BJJ tradizionale):  esempio1  (dal minuto '10)

Approccio del BJJ moderno:  esempio1    Abbastanza inverosimile.

Approccio del Karate moderno:  esempio1   esempio2   Assolutamente inverosimile.

Ci sono poi discipline come le arti marziali filippine o alcune di stampo militare che enfatizzano la difesa da attacchi di coltello tramite l'attacco di coltello a propria volta, su polsi ed altri punti vulnerabili dell'aggressore, ma ciò evidentemente è applicabile solo in ambito militare per l'appunto, e non in una città in cui è di fatto proibito il trasporto d'armi, ed in una realtà in cui bisogna difendersi da un'aggressione fisica e non uccidere soldati con moventi bellici.   Ancora, esiste il Jeet Kune Do di Bruce Lee, che contro una minaccia con coltello riusciva a calciare il polso dell'aggressore e far volare l'arma, ma ci vuole la velocità e l'impeto di Bruce Lee appunto, non applicabile quindi da chiunque. Della serie: non funziona parare e colpire alla karate sportivo maniera, ma non funziona neanche cercare di imitare Bruce Lee.  In ogni caso, come visto, ci sono tecniche del tutto inappropriate eseguite da cinture nere di chissà quale dan ma dalla stessa grazia ed efficacia di manichini di legno, e ci sono al contrario concetti reali che potrebbero funzionare nel caso non vi sia una via di fuga (via di fuga = dare all'aggressore ciò che vuole a patto che non sia il proprio corpo per botte e/o stupro;  via di fuga = una strada lungo cui scappare e urlare).  Le tecniche migliori sono quelle eseguite con velocità e mirate a colpire occhi, testicoli, laringe e gli altri punti fondamentali della difesa personale, o prima ancora quelle che prevedano leve articolari a gomito e spalla (unite allo squilibrio), e non al polso o alle dita molto più difficilmente afferrabili in questo contesto. 

DHB - 2014-02-09