I combattimenti in gabbia

07.07.2014 00:12

                

Ho sempre visto  buon'occhio alcune gare di arti marziali, dal Judo al BJJ, per quanto sia personalmente contrario ai giri di soldi dietro queste manifestazioni, un problema che in ogni caso colpisce ogni angolo di questo mondo, dalle arti più tradizionali alle più sportive. In più, osservo con scetticismo alcune cose che talvolta avvengono su un tatami da gara, come proiezioni acrobatiche facendo perno sulla propria testa a terra, che in un contesto reale sarebbero non solo inefficaci, ma anche controproducenti.  Ma lo sport è sport, e nonostante il Judo di Jikoro Kano non sia assolutamente quello competitivo da gara, fa bene muoversi un po': l'importante è distinguere, quando necessario, lo sport dall'arte marziale.  Su una cosa piuttosto sono invece sempre stato contrario: gli incontri su ring e gabbie di MMA, UFC, K1, Valetudo, Pugilato, con pubblico e telecamere, che nonostante la loro 'spettacolarità' non rispecchiano, anche in questo caso se pur per motivi diversi, lo spirito e l'obiettivo più veri, ed utili alla propria evoluzione, del Budo.  Perché praticarli?  O meglio, perché praticarli in una gabbia con pubblico e telecamere, come si fosse polli?  Per soldi, per fama, perché 'piace', per dimostrare al mondo che si è dei duri, perché 'solo così diventi un vero guerriero'?  C'è bisogno di telecamere, pubblico, soldi, per diventare un 'vero guerriero'?  E' un po' una perversione, quella di godere nel far schizzare sangue ad altri mentre schizza il proprio, un po' infantile il bisogno il prendersi il viagra della vittoria applaudita dal pubblico.  La competizione tra due individui della stessa specie o di specie diverse, in natura, secondo la biologia, si instaura nel momento in cui esiste una limitazione quantitativa in una risorsa usata da entrambi gli esemplari: cibo, acqua, territorio, possibilità di accoppiamento.   L'uomo, è anch'esso un animale (psicotico chi dica il contrario), ma dopo milioni di anni di evoluzione, lungo i quali ha combattuto contro i suoi simili solo quando fosse strettamente necessario, ora sembra lo faccia per il semplice gusto di farlo, o per motivazioni fondamentalmente nevrotiche.  Il che non è naturale, deriva da cause psicologiche, bisogni moderni legati alla ricerca di modelli da adottare per sentirsi più sicuri e vincenti, in una società dell'homo homini lupus in cui si nasce e si cresce in un clima di continua "competizione umana", normale dacché diffusa, ma non naturale.  Si parla (solo nei numeri ufficiali) di oltre 500 morti nel mondo del pugilato "televisivo" in un solo secolo, una decina di morti nel mondo delle MMA in vent'anni, e innumerevoli, infinite, gravi lesioni e patologie legate a questi incontri (ematomi subdurali del cervello, rottura di ossa e legamenti, morbo di Parkinson, lesioni di fegato e reni, distacco della retina, ed altri).  Ma se le arti marziali sono nate per preservare la propria e l'altrui incolumità, perché picchiarsi talvolta fino alla morte e soprattutto perché farlo per una medaglia e per intrattenere un pubblico?  

Per "sperimentare" se le proprie tecniche funzionino in situazioni reali, esistono altri tipi di allenamenti adatti progressivi (pur se purtroppo poco diffusi).  Bisogna certo allenarsi a situazioni reali, ma con determinati moti d'animo e determinate precauzioni.  Ricevere un pugno in faccia serve a capire dove si è sbagliato, ma lo si sente benissimo anche dietro un caschetto da allenamento, rendendosi conto che, senza di quello, esso avrebbe potuto creare seri danni.  Non c'è poi alcun bisogno di rendere appositamente vera la situazione.  Non è scientificamente fondata l'idea che più colpi si prendono e più si diventa immuni e ci si fa la "pellaccia".  Più colpi si prendono realmente è più danni si ottengono, sia a livello fisico che psicologico che relazionale che sociale.  La cronaca ha parlato, e parla tutt'ora, di centinaia di aggressioni per strada da ex pugili e simili:  esempio1  esempio2  esempio3  esempio4  esempio5  esempio6   esempo7   ecc, e praticamente mai di aggressioni da praticanti di arti marziali tradizionali. Generalmente ci si iscrive ad una palestra di arti marziali o sport da combattimento per la voglia di sapersi difendere, sotto il tacito influsso anche di una voglia di saperle "dare". Un'arte marziale tradizionale accoglie questi moti d'animo ed insegna ad avere cura della vita, della salute, propria e altrui, insegna l'autocontrollo e tecniche per cessare il conflitto;  uno sport da combattimento mirato a feroci incontri su ring o gabbia accoglie invece i moti d'animo iniziali incanalando la rabbia e la ferocia verso allenamenti che si nutrono della stessa.   Il più grande e completo contenitore di cultura fisica, mentale e marziale, lo SHAOLIN, culla delle arti marziali tradizionali orientali, prevede, in lettura marginale, incontri tra due avversari sotto forma di Sanda, ma con protezioni adeguate e uno spirito prim forgiato nell'autocontrollo e nell'evoluzione psicologica e spirituale:  "dato che pace e tranquillità sono da preferire alla vittoria, in caso di aggressione è molto semplice la scelta da operare: fuggire immediatamente. Comprendi la realtà della natura e vedrai che nessuna forza umana può colpirti. Non tentare di opporti alla forza affrontandola, evitala. Non c'è bisogno di fermare la forza, è più facile farle cambiare direzione. Impara i metodi per conservare, non quelli per distruggere. Evita piuttosto che bloccare, blocca piuttosto che ferire, ferisci piuttosto che storpiare, storpia piuttosto che uccidere, perché ogni vita è preziosa, ed ogni vita perduta è perduta per sempre".  Le masse sono influenzabili, gli piace osservare ciò che un imperatore o una televisione dicono sia belo osservare, è così da sempre.  E pur se complesso, bisogna riuscire a mettere in discussione la propria realtà.  Mi spiego meglio. Se i video ad inizio post per molti sembrano normali e familiari, in altre parti del mondo normali e familiari sono questi altri video:

                

..che sono un'aberrazione dell'umana evoluzione.  Ma il punto è proprio questo: ad un pubblico medio italiano, se le televisioni iniziassero a farli vedere presentandoli come una cosa bella, nel giro di una decina d'anni anch'essi diverrebbero belli, "di moda".  Come il grande fratello, Barbara d'Urso, la corrida in spagna, o i munera gladiatoria nell'antica Roma:  i primi due friggono i cervelli degli adolescenti, il terzo è una violenza inumana e cretina, gli ultimi (a cui si avvicinano  gli incontri moderni), erano al 90% dei casi dei massacri di schiavi stranieri o di dissidenti il potere centrale (si pensi già solo alla storia di Spartaco).  Il film "Fight Club" non è un elogio all'MMA come molti affermano, ma una forte critica al sistema fantoccio capitalistico e bancario, americano e mondiale, che porta alla follia dell'individuo fino al punto di generare violenza tra poveri.  Stessa critica cioè di "American Beauty" o molti altri film. Tutti noi praticanti di arti marziali di qualunque tipo, rendiamoci conto che una cosa è imparare a difendersi e/o a lottare, un'altro conto è chiudersi in una gabbia e picchiarsi danneggiando sè stessi e gli altri, per far spettacolo come cartoni animati.  Coltiviamo lo  "JITA YUWA KIO EI" (reciproca prosperità) indicataci da Jigoro Kano, il "TATSUJIN" (essere umano completo) indicatoci da T.Takamatsu e M.Hatsumi, perché BUDO  (武道 , dove 武 è composto da 戈 (lancia) e 止 (arrestare/lasciare), e 道 è Tao, Via, Sentiero) è "la via che conduce alla cessazione dei conflitti".  Dobbiamo tendere all'idea di guerriero come esempio di imperturbabilità, lealtà, coraggio, serenità, e non guerrafondai.  Dobbiamo essere la vaccinazione contro la violenza, non la sua propugnazione. Questo è il vero spirito del BUDO.