La natura dell'uomo
Nella quotidianità le piccole prepotenze non possono che essere concettualizzate e risolte in modo migliore che del semplice lasciar correre. Un saggio maestro mi ha detto che cercare un dialogo con stolti e prepotenti è come cercarlo con le bestie: "il tentativo di dare qualsiasi buon consiglio a questi sciocchi non fa altro che farli imbestialire ulteriormente". Alle volte tuttavia, giungo alla conclusione che l’essere “umani” sia proprio sinonimo di essere distruttivi, prepotenti, impauriti, malvagi, ed in questi casi mi sento molto più vicino al “regno animale”, quello delle bestie, che agli uomini. Loro, alcune cose, non hanno neanche bisogno di comunicarle vocalmente. Gli altri mammiferi, soprattutto se appartenenti ad una stessa specie, competono esclusivamente quando vi è limitazione d’una risorsa che serve ad entrambi: acqua, cibo, territorio, possibilità di accoppiamento. In particolare spesso la competizione si svolge sul piano visivo ("nelle forme più elevate di vita animale, si è avuta una forte tendenza verso il combattimento trasformato in rito" cit. Morris), e solo quando strettamente necessario, anche su quello fisico. Ancora, quando essa si svolge sul piano fisico poche volte finisce con la morte di una delle due parti, dato che esistono codici chiarissimi coi quali la parte sconfitta ammette la sua perdita e convince il vincitore a non vessare ulteriormente verso di lui. Desmond Morris, zoologo ed etologo, autore del best seller La scimmia nuda, nel suo libro spiega molto bene questo processo. Sostanzialmente, nel momento in cui due individui competono, indipendentemente che si tratti di semplici minacce o di scontro fisico, quando una delle due parti sa d’aver perso esegue gesti inequivocabili che rimandino alla mente del vincitore una situazione amichevole o di richiesta d’aiuto (simboli pacificatori) tale per cui egli capisca d’aver vinto e nel suo sistema nervoso autonomo si disattivi il sistema simpatico (dedito all’eccitamento, all’aggressione, all’attacco) e si attivi quello parasimpatico (dedito alla calma ed al risparmio di energie). Morris fa l’esempio degli scimpanzé (con il 98,6% del DNA in comune all’uomo) che, in situazioni simili, mostrano debolmente la mano aperta all’avversario (similmente alla nostra preghiera o supplica, o al semplice dar la mano), in segno di sconfitta (molti altri atteggiamenti simili, analogamente adottati, sono tipici dei cuccioli, tali per cui in lui addirittura si attivi l’istinto genitoriale, così che non continui a far del male come non lo farebbe ad un cucciolo della sua stessa specie). La lotta per la sopravvivenza, ovvero la predazione, è un concetto completamente diverso che non va assolutamente confuso con la competizione tra due individui della stessa specie per aggiudicarsi una risorsa che sia, in quel momento, in quantità limitata. Ovvero, se c’è un intero lago da cui potersi abbeverare, o se c’è abbastanza spazio e risorse per tutti, due simili non competono, se non sporadicamente per rimpiazzare il capobranco, nelle socità che ne prevedano. Ma di base, soprattutto se si tratta di animali da branco appunto quale è l’essere umano, non si compete tra simili ma ci si aiuta, perché è per questo che l'evoluzione ha portato alla formazione dei branchi. Detto ciò, è evidente che nella maggior parte dei casi gli altri animali si comportino in una maniera molto più “umana” di quanto faccia l’uomo, se con “umano” s’intende un atteggiamento volto alla pace o all’equilibrio senza eccessi né violenza gratuita. Non esiste mammifero che faccia violenza fino alla demolizione, soprattutto su su un proprio simile, senza motivi reali. Per quanto detto, in natura non si avrebbe mai assistito ad esemplari chiuderne altri in gabbie e dargli fuoco, mozzare teste di individui legati e in ginocchio, usar strumenti di tortura, gettare bombe su territori con donne e bambini, pestare altri animali e squarciarne vivi la pelle, costringere qualcuno dalla nascita alla morte a vivere in pochi centimetri quadri, picchiare cuccioli della propria specie, vessare su individui inermi senza che siano per noi un pericolo, gettar cemento laddove cresceva un albero da frutto. Aprendo una parentesi proprio riguardo l’importanza della vegetazione per l’uomo (oltre che, banalmente, per essere alla base di ogni catena trofica e sorgente d’ossigeno), il processo di speciazione dell’essere umano è iniziato quando, nella seconda metà del Miocene (circa 6-7 Milioni di anni fa), a causa del movimento divergente di Placca Africana e Placca Araba, si formarono le fosse tettoniche della Rift Valley (Africa), e le foreste tropicali, che prima occupavano tutta la zona, ad est di tale formazione andarono mutando in savana, costringendo alcune popolazioni di scimmie che prima vivevano sugli alberi ed avevano dieta frugivora, a compiere un Adaptation Tracking, ovvero ad adattarsi al nuovo ambiente, sviluppando locomozione bipede e una dieta onnivora. Qualunque albero da frutto o germoglio era però per loro una fonte preziosissima di vita, che preferivano di gran lunga all’attività di caccia, molto più complessa e pericolosa soprattutto per l’uomo, che anatomicamente era sempre rimasto più frugivoro che carnivoro (lo dimostrano il tipo di denti, unghie, intestino ecc). Tutto ciò ci fa comprendere come sia innaturale il rendere sterile il territorio in cui si vive. Come sono innaturali tutti quegli atteggiamenti accennati. Per questo la “malvagità” propriamente detta è una creazione umana, che si discosta dagli equilibri omeostatici che avvengono in natura, dalla predazione e dalla competizione nella stessa specie. Sembra come se l'uomo si sia dimenticato quei codici che per decine di milioni di anni son stati scritti nel suo stesso dna, e che sul piano dell'immaginazione abbia creato un mondo fantoccio che lo ha portato ad alienarsi dal suo stesso essere parte integrante del Sistema Terra, della Natura, rendendo la sua società la più fallimentare e parassita del regno animale, perché non mirata alla sopravvivenza della specie, bensì all'arricchimento sfrenato, inutile e nevrotico del singolo individuo o del piccolo gruppo di individui, ed alla colmazione di paure e bisogni immaginari che solo lui è stato capace di creare (e che sfociano poi nelle religioni che sono state causa o pretesto del maggior numero di omicidi di sempre). Quindi il mio obiettivo è quello di non essere un essere umano semplicemente in quanto tale. Ma di tornare ad essere un uomo in quanto animale (riequilibrare reali bisogni, spazi, eliminare paure e sofferenze immaginarie) e di lì evolvermi psicologicamente verso livelli di consapevolezza maggiori. Perché la stessa corteccia cerebrale ha il potenziale di generare paura e malvagità tanto quanto arte, pace, prosperità. Esistono varie vie per farlo, la scienza, la ricerca, la compassione. E volendo introdurre la filosofia marziale in questo contesto, anche il BUDO (la via per la cessazione dei conflitti) di Kano, Ueshiba, Hatsumi, è proprio su questo che si basa: tornare ad usare le proprie energie fisiche e mentali per la difesa della vita e della specie, cessare i conflitti, ripudiarli quando possibile, e non alimentarli in alcun contesto della vita.
Dario Hermes Bellino - 26/02/2015
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