La psicologia della difesa personale

31.01.2015 12:14

Come largamente discusso nell'introduzione, esistono fondamentalmente 3 tipologie di arti marziali:  da difesa personale (es: taijutsu, aikido, qinna, wing chun, krav maga, kobudo, okinawa-te..); da competizione (es: boxe, kick boxing, grappling moderno, karate sportivo..); da culto del QI  (es: gli stili interni Nèijiā Kung Fu).  Le prime due in particolare differiscono dal rapporto che si instaura tra le due (o più) persone: quello di aggressore-aggredito nelle prime, e quello di aggressore-aggressore nel secondo (accettare una sfida anche quando se ne potrebbe fare a meno, rende aggressori a propria volta).


Concentrandoci sulla prima tipologia, è possibile tracciare uno schema di come dovrebbe svolgersi la difesa personale, secondo gli insegnamenti di varie discipline marziali. Prima di tutto, partire dal presupposto (affatto non banale) che si deve cercare in qualunque circostanza di non far avvenire uno scontro, perché la vittoria suprema, il miglior risultato possibile, è quello di far cessare il conflitto prima ancora che inizi a svolgersi sul piano fisico. Questo viene insegnato dall'arte della guerra di SunTzu, dai primissimi precetti dello Shaolin, dall'approccio di Ueshiba, ovvero dell'Aikido e del Taijutsu in generale. Difronte ad una provocazione, non accettarla. Fa finta di nulla od al più allontanati.

 

Nel caso in cui l'aggressore impedisca vie di fuga, o nel momento in cui si stia osservando un grave sopruso (ad esempio verso donne, bambini o animali), l'obiettivo è quello di far cessare il conflitto nel minor tempo possibile, inizialmente cercando un'arma di fortuna (meglio se contundente, cioè in grado di infliggere lesioni per contusione, e non per taglio o perforazione): mai sottovalutare l'avversario o la possibilità che egli abbia un'arma a sua volta.  Questo insegna il kobudo di okinawa (in cui si usavano attrezzi di uso agricolo o domestico come armi per difendersi da aggressioni ed invasioni), ma anche l'aikido ed altre discipline, che di fatto insegnano l'uso di Bo (bastone lungo 2m) / Jo (1,5m) / Hanbo (1m) / Yawara (15cm), e così via.

 

Nel caso non si riesca in pochi secondi a trovare un'arma di fortuna o nel caso l'aggressore ci afferri o si lanci verso di noi, l'obiettivo rimane identico: tentare nel minor tempo possibile di aprire a sè stessi o ad altri una via di fuga. Questo vuol dire che non si sta gareggiando per un titolo, non ci sono regole o limitazioni, perché nella lotta per la sopravvivenza tutto è "biologicamente lecito", ed il cervello per questo motivo dev'essere allenato all'identificazione di un qualunque punto vulnerabile nel corpo dell'avversario, da raggiungere con qualunque mezzo a disposizione.

 

Proprio da questo punto di vista, alcune discipline da competizione sono limitate nella ricerca istantanea, nel momento della colluttazione, di ciò che realmente possa servire e bastare a bloccare l'aggressore e/o ad aprirsi una via di fuga.  In particolare, cercando di non arrecar morte o danni troppo seri all'altra persona, poiché nonostante nella difesa personale si lotti per la sopravvivenza, l'obiettivo è divincolarsi e far cessare il conflitto, non distruggere. Del resto, distruggendo si incorre a propria volta (e in Italia, purtroppo, forse solo a propria volta) in guai giudiziari. Ma prima di questa, c'è la motivazione più importante che la vita non va spezzata. Può esser meno pericoloso un colpo ai genitali (proibito nelle gare) rispetto ad un pugno a mano nuda in alcune zone della testa (bersagli concessi in gara, ma con guantoni). Quindi bisogna equilibrare questi schemi mentali.. l'individuazione istintiva di bersagli vulnerabili e la consapevolezza dei possibili danni che si potrebbero arrecare, il tutto mantenendo l'autocontrollo.  Questa ricerca, e soprattutto dei metodi di allenamento che facciano raggiungere tali risultati, è molto complesso trovarli 'sul mercato', eppure uno studio simile renderebbe un'arte marziale perfetta, in un contesto sociale.

 

Se si studiasse bene tutte le parti del corpo che possono essere colpite o afferrate, ci si renderebbe conto che:  1. esistono molti più bersagli rispetto alla semplice testa che comunemente e sistematicamente in una situazione di pericolo viene assunta, dai non specialisti in materia, quasi ad unico obiettivo e colpibile quasi esclusivamente con pugni (la maggior parte delle arti marziali superano questo paletto mentale)  2. anche a voler nevroticamente gareggiare, non è possibile farlo per davvero nell'accezione di vedere 'chi è più forte' in assoluto (cioè chi avrebbe 'vinto' in realtà), ma solo 'chi è più bravo' a lottare rispettando quelle determinate regole (..così si capisce anche il perché, ad esempio, la famiglia Gracie del pur ricercato e bellissimo Brazilian Jiu Jitsu, vinceva sempre alle prime edizioni di UFC: a parer mio, se ci fosse stato un bravo combattente di Muay Boran ed avesse potuto colpire ciò che volesse e come lo volesse, forse le cose sarebbero andate diversamente).

 

In generale le arti marziali da competizione si dividono nella maggior parte tra quelle che focalizzano tutto sul 'punteggio' in gare light-contact, e quelle che focalizzano tutto alla 'distruzione' in gare full contact, ma un po' ipocritamente, c'è da dire, solo verso determinati bersagli. Mi spiego meglio: riempire di pugni o gomitate in faccia e testa una persona a terra, può ucciderla in breve tempo, così come riempire di calci i genitali. Ma la prima opzione è spacciata per "cavalleresca" e "leale" rispetto alla seconda, e questo non ha alcun senso! Ed a fare ragionamenti simili sono per di più proprio lottatori da gabbia che, nella stragrande maggioranza dei casi, una volta ad esempio nella cosìdetta back mount position, non si limitano minimamente a colpire la nuca dell'opponente se non fermati dall'arbitro (il che, di "cavalleresco", ha ben poco). In più ci sono fin troppi competitori da gabbia che si riempiono la bocca di paroloni presi da filosofie orientali senza conoscerne il significato. Il competere per titolo, soldi o successo, esula nella maniera più assoluta da qualunque associazione a Budo, Ninpo, Bushido, Buddhismo, Confucianesimo, Shintoismo, Mikkyo, Taoismo, o altra filosofia orientale che sia.  Parallelamente, sia chiaro, anche moltissimi dojo 'tradizionali', si riempiono la bocca di grandi parole o attestati, e nei fatti vendono solo tecniche in cambio di molto denaro, senza allenare anche la mente e lo spirito. Bisogna allora sviluppare un proprio senso critico, ricercare personalmente la via. E' ciò che, nel mio piccolo, sto facendo in questi anni. Non sono un maestro, ma volendolo diventare in futuro, mi rendo conto che di modelli a 360° che si allontanino dalle tipiche superficialità, commercializzazioni e macismi, non ce ne sono molti in giro. E, riflettendoci, forse proprio tutti quei caratteri sono così tanto diffusi perché molta gente ha sposato ad occhi chiusi, a 360° , modelli (o interpretazioni personali) sbagliati.

 

Tutto ciò serve a sottolineare che per assorbire una valida psicologia di difesa personale è necessario sgomberare la mente da qualunque tipo di condizionamento dato da idee di competizione, di vincita e perdita, di lealtà o disonestà come ce la danno ad intendere, e rimpiazzare il tutto con pochi e fondamentali concetti e moti d'animo, smussati anche in risposta al contesto sociale in cui si vive (purtroppo):  se possibile, evitare lo scontro; se necessario, munirsi di un'arma di fortuna contundente; se in trappola, difendersi colpendo duramente ma (se possibile) quanto più consapevolmente possibile.

 

Probabilmente, quando uno poi si trova nella situazione, non sta più ad agire pensando a questo o a quello. Parte con pugni e calci e come va e va. E (ne ho avuta esperienza diretta), agisce d'istinto non pensando che dall'altra parte il provocatore possa essere armato o possa essere effettivamente un tipo che, quel calcio o quel pugno, te li para e ti mena. Ecco perché ci si dovrebbe allenare, in questo senso. Per mantenere sempre il focus su se stessi ed agire ragionando fulminemente, esistono varie vie. La meditazione, la PNL, l'esercitazione sotto contesti di stress, l'utilizzo di protezioni efficaci da parte di tori (l'attaccante) che, gradualmente, deve sempre meno assecondare uke (l'attaccato). Il coraggio non dovrebbe mai fondersi con l'eroismo cieco. Per quanto uno, al vedere una donna in procinto d'esser stuprata, possa aver l'istinto di agire senza pensarci fiondandosi alla cieca, DEVE pensarci.. perché quel paio di secondi in più può cambiare tutto! Non hai idea di chi sia né che armi o oggetti vicino a sé abbia quell'uomo. Per non finire anche tu "stuprato", ragiona almeno un paio di secondi e poi agisci.

 

Generalmente (per lo meno nella zona in cui io vivo) possono avvenire i seguenti tipi di aggressione ad un comune cittadino:  rapina a mano armata (dai soldi e cellulare, e pace); aggressione da un gruppo di ubriachi (vattene, o  se alle strette rompi quanto più puoi, perché da ubriachi quelli il dolore non lo sentono);  aggressione da un drogato in cerca di soldi (dai soldi e cellulare, e stai ancor più attento rispetto a quello della rapina a mano armata, perché da un drogato, ci si può aspettar di tutto);  aggressione per bullismo (non accettare assolutamente provocazioni; i bulli fanno tutto in branco, e per quanto bodybuilding o wingchun tu abbia fatto, non sei IpMan né BruceLee; se trovi un'arma di fortuna usala, perché loro non ci penserebbero due volte ad usarla);  aggressione per stupro (ragiona prima di agire, perché la gente -anche purtroppo a neanche 2km da casa mia- ci è morta per questo).

 

Viviamo in una società malata, e non tanto per l'esistenza di queste violenze, quanto perché la giustizia che dovrebbe combatterle non funziona, e 'se te la fai da solo', a te comune cittadino, ti punisce sia lo stato che i parenti mafiosi del tuo aggressore*.  A maggior ragione, sottolineo ancora, quì come da nessun'altra parte, meglio evitare, e se alle strette meglio cercare solo di crearsi una via di fuga.

 

a tal proposito, andrebbe fatto un lungo discorso riguardo la sensibilizzazione di se stessi e gli altri all'aiuto reciproco ed ad una società migliore:  se tutti corressero all'aiuto di tutti, si risolverebbero in pochi minuti moltissime delle violenze che avvengono nel nostro paese. Ancora, se si votasse consapevolmente, se ci si attivasse individualmente, si cacciassero i criminali che sono dentro le istituzioni e quelli che coi criminali scendono a patti, se si contribuisse alla creazione di una società in cui tutti hanno la possibilità di vivere dignitosamente senza eccessi nè bisogno di delinquere, probabilmente andrebbe tutto molto meglio, ed anche questa, in fin dei conti, è psicologia di difesa personale.