Pugilato e JuJutsu

27.07.2013 19:05

PUGILI E JUJUTSUKA

Differenze basilari d'azione nel combattimento

DIALOGHI SULLA DIFESA NEL PUGILATO E NEL JUJUTSU

          

 

Una domanda che spesso mi sono posto, e che mi hanno posto in tanti, è come reagirebbe un praticante di arti marziali tradizionali all'attacco, ad esempio, di un pugile moderno. Da ciò, traggo un pensiero sulle differenze, ad esempio, tra il pugilato di Alì ed il taijutsu di Takamatsu.

Il pugilato è un'arte marziale da competizione assai affascinante, soprattutto per quanto riguarda lo studio delle schivate. Un pugile professionista è ben allenato in questo, ed in uno scontro su ring come per strada, può facilmente e velocemente mettersi fuori dalla traiettoria d'un attacco di pugno. Si dice sempre che un pugile è vulnerabile alle gambe, dal momento che a parte il footwork mirato a dar velocità e potenza alle braccia, non conosce principi e tecniche di calcio, o di parate da calci avversari. Come la mettiamo però nei casi in cui un pugile alto due metri come Alì attaccasse un jujutsuka di un metro e sessanta come Takamatsu? Un episodio simile lo si può leggere in uno dei più famosi aneddoti di Takamatsu in Cina:

"All'età di 26 anni Takamatsu viveva in Cina. Insegnava a molti allievi e per questo fu sfidato da un Maestro di Shorinji Kung Fu di nome “Choshiryu”. Dopo aver rifiutato di combattere per ben due volte, al terzo invito Takamatsu accettò per non offendere il suo valore marziale.
Choshiryu era molto più alto, pesante e forte di Takamatsu, ma quando “l’arbitro” diede il VIA, entrambi i combattenti scattarono per attaccare. C’era una grande folla riunita e la battaglia iniziò. Choshiryu attaccava con calci e pugni e Takamatsu si difendeva contrattaccando a sua volta. Erano entrambi agguerriti ed il combattimento sembrava non finire mai. Quando Takamatsu stava per togliere l’ultimo respiro a Choshiryu con uno strangolamento, l’arbitro dichiarò finito il combattimento. Riprendendo fiato, Choshiryu si avvicinò a Takamatsu e si congratulò con lui per il bellissimo combattimento. Con estremo rispetto ed ammirazione per entrambi, i due combattenti andarono nel ristorante più vicino e parlarono fino a notte tarda. Da allora divennero grandi BUYU (amici marziali)"
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Non si vive per assoluti, e tra l'altro Takamatsu era Takamatsu. Il fatto che egli abbia vinto su Choshiryu non rende ovvia la capacità di un jujutsuka di sapersi difendere da un attaccante esperto nel pugilato. In più, non è detto il contrario, ovvero che un pugile si sappia difendere dall'attacco di un jujutsuka, pur se le storie di aggressioni reali per strada, almeno quì in occidente, narrano al più di ex pugili e mai di ex praticanti di jujutsu. Globalmente in ogni caso, come è ovvio, tutto dipende sempre dall'indole dell'individuo, e da una serie di altri fattori. Tralasciando ciò, cerchiamo di capire dunque come ciascuno dei due praticanti si muoverebbe secondo i principi della propria disciplina, ovvero in cosa si differenzierebbe il loro metodo, come l'uno e l'altro dovrebbero agire per avere la meglio sull'avversario.

Prima di tutto, la distanza. Le distanze di un pugile sono quelle media e corta, rispettivamente per jab e cross, e per montante, gancio e swing. Le distanze di un jujutsuka tradizionale a mano disarmata, variano dalla lunga alla cortissima, ovvero da quella tipica dei calci, a quella corpo a corpo necessaria per l'utilizzo di prese, leve, strangolamenti, proiezioni. Il pugile ha una guardia molto chiusa, pronta ad incassare quando è necessario, ed in prima analisi difficile da 'rompere' per una tecnica di base del praticante di jujutsu che, parallelamente, ne mantiene solitamente una più aperta sia per le gambe che per le braccia. Ciò ha pro e contro per entrambe le parti. Il pugile infatti è abituato ad incassare con guantoni da 10 once; già nell'MMA le tecniche di pugilato sono riadattate per l'utilizzo dei guantoni da 4 once, che non proteggono il volto nè le stesse mani come fanno quelli da 10. Per strada questo concetto diventa ancora più pronunciato, rendendo il pugile più vulnerabile ad attacchi vari a braccia, mani e volto, che se messi a segno lo renderebbero meno efficiente e veloce rispetto a come sarebbe nel suo habitat sopra un ring. Tuttavia l'idea migliore per entrambi è quella di mantenere ciascuno le proprie distanze, e di non cercare di utilizzare quelle in cui l'aggressore sia evidentemente maggiormente allenato. Per questo per il pugile è meglio non entrare in clinch, come per il jujutsuka è meglio non cercar di boxare, nonostante rispettivamente il primo possa pensare di vincere nelle "strette" essendo più robusto del secondo, ed il secondo possa avere dalla sua la questione sull'assenza dei guantoni. Non sottovalutare mai l'avversario è una regola d'oro in qualunque contesto. Questi concetti tra l'altro spiegano ancora una volta il perché non si possa dire chi sia "più forte" tra un pugile ed un praticante di jujutsu, e perché un jujutsuka non possa competere in un incontro di boxe su di un ring, oltre alla questione sulla filosofia dietro l'arte largamente discussa nell'introduzione.

Secondo, gli spostamenti. Ad un attacco di jab sinistro, un pugile è abituato a schivare verso destra, e quasi mai verso sinistra dove troverebbe pronto un cross destro. Non lo fa quasi mai lui e non lo fanno i suoi partner d'allenamento in palestra, pegno un facile cross al volto. Difficilmente pertanto si aspetta una schivata verso l'interno del proprio raggio d'azione. Ancor più difficilmente però si aspetta un vero e proprio avanzamento con tutto il corpo, che vada a bloccare o comunque manipolare il suo destro prima ancora che egli lo utilizzi, e lo renda meno stabile sulla sua posizione. Questi due sono tra i principi fondamentali del taijutsu, ma un concetto simile è possibile vederlo anche nel wing chun (nell'esercizio del chi sao, "mani appiccicose"), o nel JiuJitsu dei fratelli Grace prima dell'utilizzo del NageWaza. In questa situazione di clinc, non c'è per strada un arbitro a dividere le due parti, e leve, proiezioni, strangolamenti, fatti bene, sono un qualcosa a cui il pugile non è preparato. Per questo un pugile per strada dovrebbe a parer mio cercare sempre di non entrare in clinc contro qualcuno che si sia allenato più di lui nella cortissima distanza, quale può essere un praticante di jujutsu, di muay thai, di judo, e cercare piuttosto di tenerlo distante con dei pugni veloci più che potenti. Parallelamente, un jujutsuka dovrebbe variare continuamente le distanze, cercando il momento utile per entrare nel raggio d'azione dell'avversario così da "appiccicarsi" a lui, e non sperare piuttosto di schivare tutti i pugni veloci del pugile.

Terzo, il lavoro di gambe. Il footwork di un pugile è unico nel suo genere, tanto da ispirare Bruce Lee ad aggiungerlo e personalizzarlo nel suo JKD. Nel jujutsu tradizionale analogamente esiste il tai-sabaki da cui sono nati i movimenti circolari dell'aikido, e questo è utile per entrare nella distanza corpo a corpo. Ci sono anche i calci, che potrebbero permettere di tener lontano il pugile, ma tornando al discorso di inizio pagina, questo concetto non è applicabile sempre, dal momento che il pugile può essere molto più alto del jujutsuka, e quindi non avere alcuna difficoltà ad entrare ugualmente nello spazio vitale dell'avversario coi suoi pugni. Se la stazza o per lo meno l'altezza fosse la stessa, questa difficoltà chiaramente verrebbe meno, ed un lavoro da parte del jujutsuka incentrato sull'indebolimento della parte inferiore del corpo del pugile attraverso i calci, darebbe in questo caso (e solo in questo) perfette opportunità di immobilizzazione o fuga (scopo della difesa personale), o di vessazione attraverso ulteriori colpi di gamba qualora le prime due opzioni non fossero possibili.

DHB - 2013/07/27