L'importanza della meditazione in
tutte le arti marziali tradizionali
La tecnica non serve quanto la pace incorruttibile. E' per questo che ho deciso di fermarmi nello studio della tecnica marziale per percorrere dapprima un cammino verso un equilibrio che elimini quel senso di competizione che tanto critico e che tuttavia, sotto le coltri d'una visione di me stesso atte quasi a convincermi di alcune leggi, sento ancora mio. Provo un filo di rabbia quando perdo, ed ancor più fierezza quando vinco. Questa è la base della competizione umana, non atta alla sopravvivenza quanto ad un allargamento dell'ego fuori dal proprio sé. Questa è la radice dell'animo che muove guerra, combattendo mille battaglie alla ricerca di un nutrimento sempre maggiore per il proprio ego. Ho praticato fino a questo momento diversi anni tra Karate sportivo e Ninjutsu. In confronto alla media delle persone il mio bagaglio tecnico atto al combattimento è più vasto, e parallelamente assai esiguo rispetto a maestri e praticanti in tutto il mondo. Tuttavia ciò che riesco a comprendere ora è il significato di un concetto che mi espresse anni fa un uomo che aveva passato alcuni anni assieme a dei monaci buddhisti, che all'epoca presi come un dire sentito e riproposto, una massima come se ne odono tante. Ma che ora ho ritrovato dopo tanto nei miei pensieri come negli scritti di alcuni grandi pensatori ed artisti marziali. Se il cuore non è nel giusto luogo, anche la tecnica marziale, le scelte personali, e qualunque altra cosa non rientreranno nell'equilibrio ma andranno a convivere con la nevrosi, se non aggravandola, e l'aggressività del mondo, la sua dipendenza da capi, capitalismo, dogmi, ideologie, che portano al tracollo sempre maggiore dell'umanità e della natura. Sono dell'idea che si deve fare ciò che realmente soddisfa, e non ciò che si vorrebbe lo faccia. Ciò che soddisfa realmente la propria persona, intendo. E quando una persona si sente realmente e consapevolmente soddisfatta? Quando le sue giuste distanze lo portano al cuore irremovibile, tale ch'egli sappia godersi il mondo e le situazioni senza esser legato alle idee di perdita o di vittoria, senza anzi esser legato a null'altro se non a sè stessi ad alle proprie azioni. Questo è l'obiettivo della meditazione buddhista.
Dubbi legittimi
Mi sono reso conto che in realtà il Budo Taijutsu che generalmente si pratica si discosta molto dal Ninpo Taijutsu originale da cui esso deriva. Penso ci sia stata una sorta di "educazione" del primo ai linguaggi ed alle aspettative occidentali, e quindi anche un mascheramento di concetti del Ninpo originale che pur se presentati alle masse, non sarebbero affatto state comprese. Quello che oggi si pratica è Budo, non Ninpo, ed è anche e soprattutto per questo che nell'insegnamento trasmesso non vi sono ad esempio elementi reali di meditazione, oltre qualche sentito dire e gadget di facile consumo. Sono convinto che non solo i gradi kyu nella Bujinkan in realtà non sappiano cosa sia il Ninpo, ma anche la maggior parte dei gradi dan, e persino degli Shihan, che di fatto non insegnano nè praticano forme meditative, altri che ne spacciano alcune vendendole per ingenti somme di denaro, altri ancora che sanno appena cosa sia il Buddhismo, e che quasi creano associazioni di combattimenti in gabbia in stile americano venendo puntualmente ripresi dal povero Hatsumi che a fatica fa a seguirli tutti. Leggendo gli scritti di Hatsumi, di Stephen K.Hayes che ebbe la fortuna di ricevere i suoi insegnamenti per oltre un decennio quand'ancora erano privati, gli scritti su Takamatsu, e ancora gli scritti dell'esperto in Mikkyo (tra i migliori Shihan al mondo) José M.Collado, mi rendo conto che la sola tecnica, anche se lungamente allenata, da sola è un efficace Taijutsu, ma non rispecchia il Ninpo nè quelli che erano i "sentimenti" e le potenzialità vere dei monaci guerrieri delle foreste originali del giappone feudale. E a parer mio è un errore: si lascia il praticante scoperto su molti aspetti, a tal punto da esser dubbioso della natura degli insegnamenti ricevuti e ritrasmessi. Penso che attualmente vi sia una grande confusione nel mondo delle arti marziali, e che questa confusione non sia da meno nel mondo della Bujinkan. Ciò che mi chiedo a questo punto è: perché Hatsumi ha in un certo senso "giocato" con migliaia di praticanti occidentali?
Gli insegnamenti di ieri
Takamatsu è stato l'ultimo vero grande conoscitore del Ninpo Taijutsu preso nel suo insieme, trasmettendo i suoi saperi a pochi discepoli, di cui M.Hatsumi è stato il prescento per essere investito come nuovo detentore delle tradizioni giapponesi che egli conosceva, come si legge da una sua poesia al secondo dedicata: "Vi fu un tempo in cui ero un perfetto guerriero della tradizione koppojutsu. Ero coraggioso ed intenso come la fiamma, anche quando mi battevo contro animali feroci. Il mio cuore è come il selvatico fiore dei campi e tuttavia forte e dritto come il bambù. Neppure diecimila nemici possono spaventarmi. Chi v'è nel mondo che mantenga in vita questa volontà di un cuore di guerriero? Ecco, sei tu, colui che gli dèi marziali m'hanno inviato e che io ho aspettato per tutti questi anni" (trad. di Stephen K. Hayes)
L'evoluzione tradizionale del guerriero avviene attraverso lo sviluppo del suo controllo sugli equilibri fisici, psichici, spirituali, strettamente connessi tra loro. Il concetto di -PO è assai più vasto da questo punto di vista rispetto ai semplici -JUTSU (che ha a che fare con la sola tecnica) e -DO (che ha a che fare con precetti morali di derivazione samurai). Il NINPO TAIJUTSU è ciò a cui fu addestrato M.Hatsumi, che a sua volta trasmise a pochi altri, prevalentemente giapponesi, di cui alcuni già praticanti dai tempi in cui Takamatsu era ancora in vita. Successivamente il suo insegnamento si è esteso agli altri continenti, prendendo l'aspetto di BUDO TAIJUTSU (1993 - 2002). Personalmente penso che ciò sia dovuto al fatto che lo stesso Takamatsu iniziò il suo apprendistato con la Shinden Fudo Ryû che era una scuola di BUDO e non di NINPO; non a caso Hatsumi impostò come 5 regole del dojo Bujinkan quelle di questa scuola, e disse anche "the five different styles of Taijutsu are the expression of Budô Taijutsu; but Juppô Sesshô is the expression of Ninpô Taijutsu" (*), ovvero che i cinque metodi del Taijutsu (Taihen jutsu, Daken Taijutsu, Koppô jutsu, Kosshi jutsu, Jû Taijutsu) sono l'espressione del Budo, ovvero della via delle arti marziali in generale, ma è il Juppô Sesshô ad essere espressione del vero Ninpo Taijutsu. Tale Juppô Sesshô sarebbe stato insegnato negli anni 2003-2012 in due periodi distinti: il primo quinquennio sull'Omote Juppo Sessho, basato sul corpo (Sanjigen no Sekai, Yûgen no sekai, Kasumi no hô, Shizen, Kuki Taishô), il secondo quinquennio sull'Ura Juppo Sessho, basato sulla mente e sulla percezione (Menkyo Kaiden, Saino konki, Rokkon shojo, Kihon Happô, Kaname). Tuttavia tutto questo Hatsumi lo insegnò anche nei primi anni settanta ai suoi allievi personali, di cui un numero esiguo era composto da occidentali. Stephen K. Hayes, il primo occidentale ad apprendere il Ninpo Taijutsu, scrive nella prefazione di un suo libro: "Vorrei esprimere la mia profonda gratitudine e ammirazione per Masaaki Hatsumi, trentaquattresimo maestro della tradizione di ninjutsu Togakure-ryu, per tutta la sua pazienza, generosità e accoglienza nel corso degli anni. Il mio legame con Hatsumi Sensei è tanto più rara e speciale per me ora che egli non accetta più nuovi allievi personali".
Gli insegnamenti di oggi
A quanto intuisco, Hatsumi Sensei aprendo i suoi insegnamenti al mondo (ad oggi si contano più di 2 milioni di praticanti), e soprattutto tenendo conto che per farlo c'era la ovvia necessità di costruire un sistema piramidale, che il mondo occidentale era del tutto impreparato sulle filosofie orientali più profonde, e che la figura del Ninja era completamente distorta dai media e dalle credenze dei popoli dell'ovest, debba aver deciso di procedere molto lentamente, e trattando dapprima i soli aspetti più "fisici", e solo molto dopo quelli che facevano i conti col buddhismo mikkyo e con la natura vera del Ninpo. Il risultato però è che attraverso un "passa parola e passa insegnamento", la stragrande maggioranza dei praticanti nel mondo, soprattutto quì in occidente, conosce (chi meglio e chi peggio) il solo Taijutsu, unito a precetti quali se ne possono trovare in molte altre arti marziali da difesa personale, rinchiusi nella denominazione "Budo", spesso enunciati con sfuggevolezza ed ipocrisia da venditori di prodotti come tanti altri "made in Japan" e mai, o quasi mai, da veri "corrieri" degli insegnamenti presi da Hatsumi o da altri grandi maestri che portino i loro messaggi continuamene, costantemente e realmente, dall'Hombu Dojo al resto del mondo. Spesso accade che quì in occidente, con grande riferimento all'Italia in cui vivo, un modo di fare approssimativo ed una cultura basata sulla competitività e sul capitalismo, portino alla formazione di istruttori molto abili quanto poco conoscitori dell'essenza vera di ciò che insegnano. Da questo punto di vista il Taijutsu prende i caratteri d'un elenco di tecniche stilizzate mirate al combattimento, mentre il significato stesso di Ninpo rimane sconosciuto. Si legge troppo spesso di "arte della furtività", "arte della sopportazione" (nell'accezione magari di sopportare scomode posizioni fino all'arrivo della persona da uccidere). Ninpō è 忍法 , e vuol dire "legge divina del cuore/mente/spirito tollerante", che va in tutt'altra direzione rispetto alla semplice fisicità e ancor più rispetto alle idee di violenza, sopruso.
El carácter chino "Ren" es pictofonético (un carácter que está formado por la combinación de un elemento indicando significado y por otro indicando sonido). El carácter "Ren" (忍, tolerancia) está compuesto del elemento "xin" (心, corazón) que representa el significado y el elemento "ren" (刃, hoja de cuchillo) que representa el sonido. "Ren" significa soportar, contenerse y tolerar. También contienen la connotación de continencia y autocontrol. El carácter "Ren" (tolerancia) está formado colocando el "cuchillo" sobre el "corazón," como si "Ren" (tolerancia) sugiriera que no es fácil lograrla para las personas comunes, sino que requiere un alto nivel de cultivación, disciplina y voluntad. (*)
Il Ninjutsu deriva dal Ninpo, è l'applicazione marziale di alcuni principi contenuti nel Ninpo. Se si parla di Ninpo Taijutsu, vuol dire praticare di fatto il Ninpo ed applicarne dei suoi principi al Taijutsu, non praticare Taijutsu e sapere sommariamente che "Ninpo" ha a che fare con una qualche filosofia o religione giapponese. Sarebbe come cogliere del riso senza coltivare prima il grano nè curare la terra. Purtroppo è quello che invece accade, ed è così che avvengono episodi strani come Shihan che cercano di aprire associazioni di combattimento in gabbia a fin di lucro, altri che spacciano tecniche meditative vendendole per centinaia di euro e così via. Per quanto "bravi a picchiare" siano, sono semplici venditori di tecniche che giocano sull'impressione che incutono sui profani e sui gradi più bassi nella piramide. Decorsi simili si erano comunque già visti per molte altre arti marziali, quasi noi occidentali l'abbiamo per vizio.
Il punto è che probabilmente era necessario agire a questa maniera, trasmettere prima del Taijutsu e poi degli elementi di Ninpo, dacché le due cose sono sì estremamente interconnesse nell'essenza del guerriero, ma pur vero è che l'occidentale medio non comprende questo, pensando alle due cose come realtà differenti. Per poterci arrivare ad insegnarli assieme, Hatsumi a parer mio ebbe l'intuizione, pur se pericolosa, di attirare prima l'occidentale con le tecniche semplicemente fisiche a cui era tanto affezionato (fatto facilmente notabile ad esempio dal numero di praticanti di Karate rispetto a quelli, chessò, di Kyudo o di Iaido: entrambi dall'arcipelago nipponico derivano! Si immagini il Ninpo..), per poi affascinarlo pian piano ed avvicinarlo ad altri livelli di curiosità e quindi di consapevolezza. Tra l'altro, presentando il semplice Ninpo, si rischiava facesse la stessa fine del TaiChiQuan, un'arte marziale interna cinese, tradizionalmente micidiale nella sua applicazione marziale dimmak, che poi s'è persa nel tempo. Questo mio parere vien fuori anche dalla lettura di ciò che scrive ancora Stephen K.Hayes riguardo il suo primo incontro con Hatsumi nel giugno '75:
"Ha mai preso in considerazione di scrivere un libro sull'addestramento?" chiesi. Parlò Tanemura-san. "Hatsumi Sensei ha scritto parecchi libri in giapponese. Alcuni trattano di filosofia e altri sono per l'infanzia". "Spiegano nessuna delle tecniche o dei poteri superiori del ninja? O come sviluppare tali abilità?". Hatsumi Sensei mi guardò in modo curioso: "No, naturalmente no. Questa conoscenza non è per il pubblico. In ogni caso, nessuno crederebbe a questa abilità a meno che non l'abbia vista in azione". Mi porse una copia di uno dei suoi libri per bambini. Era illustrato con immagini di figure che si muovevano furtive in completi neri che rassomigliavano ai vestiti per il salto. Erano impegnati in vari tipi di combattimento con un incredibile assortimento di armi. "Questo è ciò che il pubblico pensa sia il ninjutsu, così lo assecondiamo. I veri segreti che sono stati tramandati per generazioni non sono per la pubblicazione. Sono per la conoscenza di alcuni eletti. Gli americani hanno visitato la nostra palestra, ma non abbiamo mai insegnato loro le vere tecniche del nostro sistema. Non abbiamo mai permesso a un americano di restare a studiare con noi. Sfortunatamente la nostra arte viene molto fraintesa oggi, e le leggende sui ninja tendono ad attrarre tipi di persone che non riteniamo saggio istruire. Anche un giapponese deve avere delle referenze che parlino a suo favore per accedere alla nostra palestra. Stiamo cercando il raro individuo che abbia l'abilità e il desiderio per riunire in un'unica personalità le forze sia del guerriero feroce che del saggio benevolo. [...] Forse questa è l'ora di aprire un po' di più il nostro addestramento ad altre persone del mondo, poiché lei ha percorso tutta questa strada per cercarci. In una visione più ampia della realtà che molte persone non vorrebbero comprendere, lei è da molto più tempo su questa strada di quanto forse si renda conto [...]".
La curiosità, il voler capire davvero cosa fosse il Ninpo, portò Hayes a compiere le sue ricerche fino a mettersi in viaggio per attraversare grandissime distanze e raggiungere chi deteneva quella conoscenza. Senza questo atteggiamento che porti ad "una visione più ampia della realtà", l'approccio alle arti marziali rimane un fatto fisico, tale da non poter più tracciare una linea di confine tra l'obiettivo "Ninniku Seishin" (l'essenza dell'uomo guerriero dalla tranquillità immutabile), che è il cuore pulsante del Ninpo Taijutsu, e l'obiettivo "vittoria in uno spettacolo in gabbia" che è in maniera diametralmente opposta il fine degli sport da combattimento. Come ho sempre affermato, lode ad una qualunque pratica, ma dare una definizione e degli obiettivi per ciascuna di esse, è l'unico modo per scoprire cosa davvero si vuole e prendere delle scelte attraverso il proprio senso critico ai bivi della propria via.
vedi anche NINPO TAIJUTSU
DHB - 2013/10/28